martedì 10 novembre 2020

IL PROTAGONISMO DEL SINDACO METTE A RISCHIO LA SALUTE DEI CITTADINI!

Diversi dipendenti pubblici e utenti sono risultati positivi. In piena emergenza accorpare gli uffici e i servizi invece di attuare accorgimenti per il contenimento non è sicuramente stata una scelta giudiziosa.

È notizia recentissima che tra i dipendenti comunali ci siano 5 soggetti positivi e alcuni di questi erano quotidianamente assegnati a rapporti con il pubblico. 

A dispetto di tutte le indicazioni che spingono verso il contenimento del contagio, ricorrendo a forme di lavoro alternativo e riducendo al minimo i servizi forniti in presenza, l’Amministrazione ha scelto di far rientrare la maggior parte dei dipendenti, concentrando lavoratori e pubblico in un’unica sede. Questa scelta, operata in un periodo critico nel quale responsabilità e buon senso dovrebbero ispirare qualsiasi decisione che riguardi la vita e la salute degli altri, dimostra mancanza di coscienziosità e di giudizio.

I lavoratori sono stati messi a rischio nell’avere contatti con il pubblico e a loro volta potrebbero essere stati veicolo di contagio per i visitatori. E nelle prossime ore il numero dei dipendenti positivi potrebbe aumentare.

Abbiamo letto articoli e visto video social in cui il primo cittadino si scaglia contro dipendenti pubblici e della partecipata, rei di svolgere il proprio lavoro in modalità remota. Il copione, ormai tristemente noto, voleva che il Sindaco appellasse come lavativi e fannulloni tutti coloro che svolgessero i propri compiti da casa e li esortava, duramente, a rientrare negli uffici, nonostante il buon senso e indicazioni governative suggerissero altre vie. Anche le organizzazioni sindacali sono dovute intervenire, per spiegare la situazione straordinaria e di emergenza, ricordando anche come molti dei dipendenti in oggetto abbiano dovuto affrontare spese non indifferenti per svolgere regolarmente il proprio servizio da casa.

Ciononostante, pur di dare risalto all’apertura della nuova sede comunale, invece di incentivare il lavoro a distanza e di aumentare i servizi on line, in modo da garantire il distanziamento e ridurre al minimo i contatti, si è preferito riportare i dipendenti in ufficio. Le poche accortezze che sarebbero bastate per garantire la sicurezza di tutti, sono state accantonate. Ora, i lavoratori hanno paura per se stessi e per le loro famiglie e vivono un disagio che poteva essere evitato. Molti cittadini sono stati sottoposti a un rischio inutile.

Si è anteposto il bisogno di fare propaganda alla salute dei cittadini! La smania di sbandierare l’apertura della sede unica ha fatto dimenticare il rischio a cui venivano sottoposti lavoratori e utenti dei servizi. Il periodo che stiamo vivendo, però, non si addice a egocentrismi irresponsabili. La salute dei cittadini va anteposta a tutto e l’incolumità pubblica deve essere centrale nelle decisioni dell’amministrazione.

Auguriamo ai dipendenti una rapida guarigione. Invitiamo tutti ad affrontare questi tempi drammatici con massima responsabilità. Esortiamo l’amministrazione a mettere al centro delle proprie decisione il benessere collettivo.

Disegno di postazione di lavoro con laptop e smartphone, volti stilizzati e scritta "Smart working VS Covid"


domenica 8 novembre 2020

DIRITTO ALLA CASA: TESTIMONIANZA DI LORENZO CASELLA SULL'OCCUPAZIONE DI SABATO

Quando sono arrivato numerose macchine dei carabinieri erano ferme davanti alla strada di accesso all’edificio. Ho superato i militari e mi sono avvicinato al cancello su cui erano appesi gli striscioni che dichiaravano l’occupazione e subito, attraverso le sbarre della cancellata, ho visto gli occhi sorridenti di Stefania. Era contenta che almeno in questa occasione, almeno in quel momento, il tema a lei così caro del diritto alla casa fosse al centro dell’attenzione.

Passavano i minuti e ai carabinieri si aggiungeva la polizia; dall’altra parte del cancello vedevo persone composte, tutte con la mascherina in volto, negli occhi la preoccupazione per i propri documenti, dati ai carabinieri per l’identificazione di rito ma che non venivano restituiti.

Le forze dell’ordine mi hanno chiesto se avevo voglia di entrare per rendermi conto della situazione e riferire loro le criticità. Eventuale presenza di minori, donne in gravidanza, portatori di handicap e altro. Ho chiesto agli occupanti il permesso di entrare e loro hanno aperto un varco e mi accolto con il sorriso dell’ospitalità, in quello spazio che per poche ore è stato il loro sogno di una casa.

Mi hanno accompagnato per farmi vedere la struttura e mi ha commosso vedere queste persone adulte con il naso schiacciato contro i vetri come bambini davanti alle vetrine.

Guardavano attraverso le finestre che non osavano forzare ma che ai loro occhi aprivano uno scenario di speranza.” Guarda che salotto grande. E lì in fondo, vedi? C’è pure la cucina.” E ancora “Altro che albergo, sono tutti appartamenti. Sono vuoti da anni e noi stiamo co ‘na mano davanti e n’altra de dietro mentre ste case vanno in malora.”

La porta di ingresso dell’immobile era aperta, nessun segno di forzatura o di manomissione, mi hanno detto di aver solo girato la maniglia “neanche era chiusa a chiave!”. Ho fatto un giro per i corridoi all’interno dell’immobile: nessuna porta era stata aperta, si erano limitati a godersi lo stupore per quelle dimensioni, per quelle quantità, per quello spreco. Tutto era grande, tutto era bello e vuoto. Sembrava solo aspettare inquilini che lo abitassero, aspettava da anni di poter essere vissuto.

Riesco fuori e relaziono gli agenti di Polizia che mi avevano invitato a quel surreale sopralluogo. Vedo i loro sguardi più tranquilli. Nessun problema, nessuna criticità, solo persone che chiedono che venga rispettato un loro diritto. Parte anche qualche frase di comprensione e di tristezza. “Aspettiamo il Sindaco e vediamo se si trova una soluzione”.

Ma da lì a poco lo scenario cambia. Arrivano alcuni consiglieri di maggioranza, poi il Sindaco. Tutto si sporca e diventa squallido. Accuse, maldicenze, intimidazioni, arroganza, maleducazione. Ciò che fino a quel momento era stato un luogo di confronto si trasforma in uno scenario dove la sensibilità e il rispetto non trovano spazio. L’unica preoccupazione sembra quella di dover affermare che questa Amministrazione è tanto brava e si prodiga e poi che “No. Non è così che si fa”.

Se non fosse drammatico sarebbe ridicolo. “Non è così che si fa” … Già, e com’è che si fa? Da anni si chiede al Sindaco e non arrivano soluzioni, si chiede all’Assessore e passano mesi e mesi solo per veder pubblicata una lista dove il tuo nome c’è. Sei tra gli aventi diritto ma la casa no, quella non c’è. Allora si chiede ad Ater e non arrivano risposte, si chiede alla Regione e manco ti ricevono.

Ecco come si fa. Si fa il giro delle Istituzioni che invece di aiutarti si rimpallano responsabilità. L’uno da la colpa all’altro e in mezzo ci sei tu che continui a vivere la tua precarietà, il tuo disagio, il tuo sogno di una casa che non arriva.

Però per loro va tutto bene perché mentre tu giri in cerca di risposte non solo non disturbi più di tanto ma anzi, chi sta al potere prova pure un certo gusto nel vederti chiedere, nel poter elargire di tanto in tanto un “Vedremo” oppure un “Faremo il possibile”. Lasciarti appeso a quella speranza è il giochetto crudele di chi gestisce il potere perché si sente importante e ti mette nella condizione di assoggettarti, magari anche di sostenerlo nella speranza di una concessione futura. Ecco futura. Perché il presente è così e così rimane. Il tuo disagio te lo tieni e rimani aggrappato alla speranza che qualcuno ti possa aiutare.

L’ultima immagine che ho di questa giornata è quella della disillusione. Sopra le mascherine gli occhi stanchi e amareggiati di chi per una mattina ha sperato che i suoi diritti fossero rispettati. La tristezza e la rabbia di constatare ancora una volta di essere il più debole, in balia di regole difficili da capire e ancora più difficili da ingoiare quanto tutto questo si abbatte inesorabilmente sulla tua vita.

Voglio ringraziare tutti coloro che resistono, che ancora combattono, che ancora hanno le energie per portare avanti battaglie non per il proprio esclusivo tornaconto ma per un interesse collettivo.

Se saremo in grado di riconquistare la dimensione sociale allora saremo capaci di restituire un senso alle istituzioni che invece che reprimere e intimidire i cittadini, un domani, potranno diventare un vero e proprio strumento al servizio delle persone, a partire da quelle in maggiori difficoltà. Uno strumento per restituire un senso alla vita politica anche in questo disgraziato paese.

Lorenzo Casella

Stradina maltenuta che porta a un cancello su cui sono due striscioni, uno "Comitato Cittadino x Santa Marinella" l'altro "Occupazione"


sabato 7 novembre 2020

IL PAESE CHE VORREI SOSTIENE IL COMITATO CITTADINO PER L’EMERGENZA ABITATIVA

Questa occupazione denuncia la mancanza di risposta delle Istituzioni

 

Dopo mesi di richieste, di trattative e di promesse, il Comitato cittadino per Santa Marinella ha deciso di occupare un immobile per chiedere una casa per chi non ce l’ha.

Le persone che stanno occupando hanno diritto ad un alloggio popolare, sono regolarmente iscritte alla graduatoria che il Comune ha stilato dopo mesi di rinvii e pressioni e vivono da troppo tempo una condizione di disagio e di precarietà. A loro va tutta la nostra solidarietà e il nostro sostegno soprattutto in questo periodo in cui, alla sofferenza del disagio abitativo, si aggiunge l’angoscia di una possibile clausura, a causa del diffondersi del virus, in case che, quando esistenti, non riescono a garantire condizioni abitative dignitose.

Questo avviene a Santa Marinella, una città in cui numerosi sono gli edifici residenziali costruiti ma non completati, completati ma mai messi a disposizione, vuoti e abbandonati all’incuria e al degrado.

Qui non c’è la necessità di costruire nuove residenze. C’è invece l’assoluto bisogno di riqualificare il patrimonio edilizio esistente per renderlo disponibile sia agli aventi diritto ad un alloggio popolare sia ai cittadini nelle condizioni di poterlo affittare o acquistare.

Un esempio è l’immobile di via Elcetina su cui l’ATER ha tentato un’operazione di acquisizione e riqualificazione che avrebbe fornito 72 appartamenti molti dei quali da concedere in locazione a canoni adeguati alle condizioni economiche degli aventi diritto, altri a canone convenzionato. Quell’immobile avrebbe potuto soddisfare la totalità delle richieste degli aventi diritto e i lavori di adeguamento, piuttosto limitati, avrebbero potuto essere realizzati da aziende edili e artigiani locali fornendo così una ricaduta economica positiva sul nostro territorio. In più, data l’entità degli interventi necessari, gli alloggi avrebbero potuto essere disponibili, secondo una stima di ATER, nel giro di 8/10 mesi.

Sarebbe stata una soluzione ideale e un primo passo per avviare quegli interventi di riqualificazione di cui avremmo assoluta necessità. Eppure nessuno nell’Amministrazione ha mosso un dito per agevolare questa operazione, improvvisamente sfumata quando la parte venditrice si è tirata indietro per motivi ancora oggi avvolti da silenzio e opacità.

Non sappiamo cosa sia successo ma è certo che il Comune aveva altre mire. Mentre ATER trattava per la riqualificazione, il Sindaco parlava di nuove costruzioni, di convertire terreni agricoli in edificabili, di ennesime palazzine da realizzare. La vecchia logica di fare economia con la cementificazione invece che con il recupero; la solita vecchia mentalità che privilegia i costruttori invece di offrire opportunità alle maestranze locali ed è drammatico che per perseguire questi obiettivi si sia disposti a trascurare, quando non a calpestare, i diritti di coloro che più avrebbero bisogno dell’impegno delle Istituzioni.

Non c’è da stupirsi che queste persone si siano stancate di essere prese in giro. Quando si è in difficoltà arriva un momento in cui non c’è più spazio per capire le lentezze di ATER, l’indifferenza del Comune, gli inspiegabili percorsi burocratici, l’incapacità della Regione e dello Stato ad aiutare i cittadini.

Si arriva al punto di rottura in cui ci si incazza e basta. E per provare a far valere i propri diritti si è costretti ad agire per abbattere il muro che le istituzioni rappresentano con le proprie assurde complessità o che a volte innalzano per occultare secondi fini o peggio, per reprimere i nostri diritti.