giovedì 25 ottobre 2018

Liberi fino alla fine

Chiediamo che il parlamento si pronunci in tempi brevi sull'eutanasia legale e l'aiuto al suicidio



“Il Paese che vorrei” è al fianco dell’associazione “Luca Coscioni” per promuovere sul nostro territorio un appello al Parlamento affinché si dia finalmente avvio alla discussione sul fine vita. Sarà possibile firmare l’appello venerdì dalle ore 17,30 presso Largo Gentilucci e sabato dalle 10 alle 13 sotto i portici della via Aurelia.

Il 22 ottobre è iniziato il processo presso il Tribunale di Massa per la vicenda Mina Welby/Davide Trentini; il 24 ottobre è arrivato il parere della Consulta sulla costituzionalità dell'articolo 580 del codice penale, ossia del reato di aiuto al suicidio sollevato dal processo Marco Cappato/DJ Fabo.

La Corte Costituzionale, con una decisione senza precedenti, ha dato un anno di tempo al Parlamento affinché legiferi sull’eutanasia e sull’aiuto al suicidio.

“L’attuale assetto normativo sul fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti”, si legge sul comunicato della Consulta. “Per consentire al Parlamento di intervenire con un’appropriata disciplina, la Corte Costituzionale ha deciso di rinviare la trattazione della questione di costituzionalità dell’articolo 580 Codice Penale sull’aiuto al suicidio all’udienza del 24.09.2019”.

La giustizia è quindi al lavoro, ma non si può dire altrettanto della politica. Attualmente, solo 34 parlamentari sono impegnati nel sollecitare questa discussione, nella precedente legislatura se ne contavano 240.

La posizione del Governo Di Maio-Salvini non è certo di aiuto: era stato detto che questioni come l’eutanasia non dovevano essere discusse perché fuori dal programma di governo ma una posizione, invece, è stata presa. Il Governo ha infatti presentato memorie alla Corte costituzionale contro Marco Cappato, affinché il dubbio di legittimità costituzionale, presentato dal Tribunale di Milano nel processo per la morte di Dj Fabo, sia dichiarato inammissibile. Se questa linea fosse avallata, in virtù di una legge che risale al 1930 e nonostante la documentata volontà di Dj Fabo di porre fine alla propria vita, Marco Cappato potrebbe essere giudicato colpevole del reato di “aiuto al suicidio” e condannato a una pena che prevede fino a dodici anni di carcere.

Con questo appello chiediamo, da ieri congiuntamente alla Corte Costituzionale, che il Parlamento si assuma le proprie responsabilità e disciplini questa delicata materia attraverso una legge che tenga conto del diritto di chi soffre a portare a compimento la propria volontà.

Il Paese che vorrei