domenica 8 novembre 2020

DIRITTO ALLA CASA: TESTIMONIANZA DI LORENZO CASELLA SULL'OCCUPAZIONE DI SABATO

Quando sono arrivato numerose macchine dei carabinieri erano ferme davanti alla strada di accesso all’edificio. Ho superato i militari e mi sono avvicinato al cancello su cui erano appesi gli striscioni che dichiaravano l’occupazione e subito, attraverso le sbarre della cancellata, ho visto gli occhi sorridenti di Stefania. Era contenta che almeno in questa occasione, almeno in quel momento, il tema a lei così caro del diritto alla casa fosse al centro dell’attenzione.

Passavano i minuti e ai carabinieri si aggiungeva la polizia; dall’altra parte del cancello vedevo persone composte, tutte con la mascherina in volto, negli occhi la preoccupazione per i propri documenti, dati ai carabinieri per l’identificazione di rito ma che non venivano restituiti.

Le forze dell’ordine mi hanno chiesto se avevo voglia di entrare per rendermi conto della situazione e riferire loro le criticità. Eventuale presenza di minori, donne in gravidanza, portatori di handicap e altro. Ho chiesto agli occupanti il permesso di entrare e loro hanno aperto un varco e mi accolto con il sorriso dell’ospitalità, in quello spazio che per poche ore è stato il loro sogno di una casa.

Mi hanno accompagnato per farmi vedere la struttura e mi ha commosso vedere queste persone adulte con il naso schiacciato contro i vetri come bambini davanti alle vetrine.

Guardavano attraverso le finestre che non osavano forzare ma che ai loro occhi aprivano uno scenario di speranza.” Guarda che salotto grande. E lì in fondo, vedi? C’è pure la cucina.” E ancora “Altro che albergo, sono tutti appartamenti. Sono vuoti da anni e noi stiamo co ‘na mano davanti e n’altra de dietro mentre ste case vanno in malora.”

La porta di ingresso dell’immobile era aperta, nessun segno di forzatura o di manomissione, mi hanno detto di aver solo girato la maniglia “neanche era chiusa a chiave!”. Ho fatto un giro per i corridoi all’interno dell’immobile: nessuna porta era stata aperta, si erano limitati a godersi lo stupore per quelle dimensioni, per quelle quantità, per quello spreco. Tutto era grande, tutto era bello e vuoto. Sembrava solo aspettare inquilini che lo abitassero, aspettava da anni di poter essere vissuto.

Riesco fuori e relaziono gli agenti di Polizia che mi avevano invitato a quel surreale sopralluogo. Vedo i loro sguardi più tranquilli. Nessun problema, nessuna criticità, solo persone che chiedono che venga rispettato un loro diritto. Parte anche qualche frase di comprensione e di tristezza. “Aspettiamo il Sindaco e vediamo se si trova una soluzione”.

Ma da lì a poco lo scenario cambia. Arrivano alcuni consiglieri di maggioranza, poi il Sindaco. Tutto si sporca e diventa squallido. Accuse, maldicenze, intimidazioni, arroganza, maleducazione. Ciò che fino a quel momento era stato un luogo di confronto si trasforma in uno scenario dove la sensibilità e il rispetto non trovano spazio. L’unica preoccupazione sembra quella di dover affermare che questa Amministrazione è tanto brava e si prodiga e poi che “No. Non è così che si fa”.

Se non fosse drammatico sarebbe ridicolo. “Non è così che si fa” … Già, e com’è che si fa? Da anni si chiede al Sindaco e non arrivano soluzioni, si chiede all’Assessore e passano mesi e mesi solo per veder pubblicata una lista dove il tuo nome c’è. Sei tra gli aventi diritto ma la casa no, quella non c’è. Allora si chiede ad Ater e non arrivano risposte, si chiede alla Regione e manco ti ricevono.

Ecco come si fa. Si fa il giro delle Istituzioni che invece di aiutarti si rimpallano responsabilità. L’uno da la colpa all’altro e in mezzo ci sei tu che continui a vivere la tua precarietà, il tuo disagio, il tuo sogno di una casa che non arriva.

Però per loro va tutto bene perché mentre tu giri in cerca di risposte non solo non disturbi più di tanto ma anzi, chi sta al potere prova pure un certo gusto nel vederti chiedere, nel poter elargire di tanto in tanto un “Vedremo” oppure un “Faremo il possibile”. Lasciarti appeso a quella speranza è il giochetto crudele di chi gestisce il potere perché si sente importante e ti mette nella condizione di assoggettarti, magari anche di sostenerlo nella speranza di una concessione futura. Ecco futura. Perché il presente è così e così rimane. Il tuo disagio te lo tieni e rimani aggrappato alla speranza che qualcuno ti possa aiutare.

L’ultima immagine che ho di questa giornata è quella della disillusione. Sopra le mascherine gli occhi stanchi e amareggiati di chi per una mattina ha sperato che i suoi diritti fossero rispettati. La tristezza e la rabbia di constatare ancora una volta di essere il più debole, in balia di regole difficili da capire e ancora più difficili da ingoiare quanto tutto questo si abbatte inesorabilmente sulla tua vita.

Voglio ringraziare tutti coloro che resistono, che ancora combattono, che ancora hanno le energie per portare avanti battaglie non per il proprio esclusivo tornaconto ma per un interesse collettivo.

Se saremo in grado di riconquistare la dimensione sociale allora saremo capaci di restituire un senso alle istituzioni che invece che reprimere e intimidire i cittadini, un domani, potranno diventare un vero e proprio strumento al servizio delle persone, a partire da quelle in maggiori difficoltà. Uno strumento per restituire un senso alla vita politica anche in questo disgraziato paese.

Lorenzo Casella

Stradina maltenuta che porta a un cancello su cui sono due striscioni, uno "Comitato Cittadino x Santa Marinella" l'altro "Occupazione"