Sarebbe bastato poco per portare l’Italia al passo con i paesi che tutelano i diritti di tutti e tutte, e soprattutto per proteggere almeno un po’ di più quelle persone che vengono aggredite o discriminate semplicemente per ciò che sono.
Il DDL Zan è stato affossato al Senato con voto segreto, nel segno della peggior politica e del peggior bigottismo. E a fronte di alcuni voltafaccia avvenuti nel passaggio della discussione dalla Camera al Senato, è forte il sospetto che dietro questo affossamento ci siano interessi e accordi che riguardano altro. Ossia, che la comunità LGBTQIA+ e le persone disabili siano state utilizzate come merce di scambio. Tale mercanteggiamento è avvenuto soprattutto sulla pelle delle persone trans e intersex, le cui identità sono state ripetutamente ignorate e, ancor peggio, offese durante il deprimente dibattito parlamentare, in molti interventi di un’abissale ignoranza o totale malafede.
Un po’ come quando, durante la discussione sulle unioni civili le forze più retrograde continuavano a ripetere che “da qui in poi sarà possibile per chiunque sposarsi con il proprio animale domestico”, uno dei leitmotiv di questa discussione è stato “perché con questa legge uno può svegliarsi una mattina e dichiararsi uomo, poi la mattina dopo dichiararsi donna, e così via”. Un’assurdità che è un insulto al vissuto di persone che hanno il diritto di essere ciò che sanno di essere, a seguito di un percorso profondo, consapevole e troppo spesso faticoso e doloroso per colpa dell’arretratezza culturale del nostro paese.
La stessa tesi che i proponenti avrebbero rifiutato ogni mediazione è una scusa. Primo, perché pressoché la totalità della comunità LGBTQIA+ e dei disabili (ossia delle persone che questa legge avrebbe dovuto proteggere e tutelare) si è sin dall’inizio espressa in favore del DDL così com’era. Secondo, perché chi proponeva modifiche sapeva benissimo che ogni cambiamento del DDL ne avrebbe causato il ritorno alla Camera (dove peraltro la stessa Italia Viva l’aveva approvato senza obiezioni) e un quasi certo rischio di conseguente cancellazione, per via del semestre bianco e delle elezioni che con ogni probabilità saranno nel 2022.
Infine, perché pressoché la totalità di queste modifiche era strumentale o semplicemente cinica. Chi chiedeva la cancellazione di alcune identità; chi temeva un rischio per la libertà di espressione (già tutelata, oltre che dalla Costituzione, dalla stessa legge Zan con un emendamento approvato alla Camera); chi paventava l’obbligo per tutte le scuole, in particolare private, di dover inserire nei programmi una fantomatica teoria gender (teoria che non esiste, come non esiste nella legge l’obbligo di inserirla nei programmi). Infine, il paradossale “benaltrismo” secondo il quale il nostro Parlamento dovrebbe dedicarsi a problemi “più seri”. Primo: i diritti sono un problema serio, e non c’è giustizia sociale senza diritti civili; secondo: se non fosse stato fatto ostruzionismo sulla base di questo benaltrismo, il DDL Zan sarebbe stato approvato in pochissimo tempo, e il Parlamento avrebbe potuto occuparsi di altro.
Insomma, non ci sono alibi per coprire questa vergogna. E infatti la comunità LGBTQIA+, le persone disabili, e tutte le persone con esse solidali, sono scese immediatamente in piazza inaugurando una nuova stagione di battaglie. Il Paese che Vorrei ci sarà.